Il gigantismo abissale


Alcuni animali adattatisi alla vita negli abissi diventano molto grandi. Si chiama gigantismo abissale e si verifica tutte le volte in cui animali imparentati, ma adattatisi ad acque meno profonde, raggiungono taglie inferiori.
I calamari degli abissi oceanici sono giganteschi rispetto ai loro simili di basso o medio fondale. Un crostaceo isopode, Bathynomus giganteus, negli abissi arriva a mezzo metro, mentre i suoi cugini sulla costa sono grandi alcuni centimetri. Il re d'aringhe, o regaleco, è un lamprediforme abissale lungo più di dieci metri, il pesce osseo più lungo del mondo. Negli splendidi mosaici della Basilica di Aquileia è il mostro marino che inghiotte Giona.
Non è ben chiaro perché a questi animali abissali convenga crescere così tanto di taglia, forse per controbilanciare la forte pressione o più probabilmente  per disperdere meno calore e diminuire così la necessità di essere costantemente attivi. 

 

Il calamaro gigante


Il più grande invertebrato vivente è il calamaro colossale dei mari del sud  (Mesonychoteuthis hamiltoni, descritto soltanto nel 1925), con la sua lunghezza tra i 10 e i 15 metri, gli occhi giganteschi (fino a oltre 25 cm di diametro), il becco e l’enorme mantello. Pochissimi esemplari sono stati studiati finora e si sa poco della sua biologia. Si mimetizza, si ciba di merluzzi australi ed è a sua volta preda dei capodogli, che ne vanno ghiotti e combattono epiche battaglie abissali per cibarsene. I suoi tentacoli non sono però i più lunghi tra i cefalopodi. I calamari giganti (genere Architeuthis, diffusi in tutti gli abissi degli oceani del mondo) vanno oltre, superando nei maschi talvolta i 12 metri di lunghezza complessiva. Gli avvistamenti, in mare o spiaggiati o negli stomaci dei capodogli, di questi cefalopodi giganteschi sono all’origine delle plurisecolari leggende sui mostri marini.