I giganti non fanno parte soltanto dell’immaginario, ma sono emblemi reali della ricchezza della biodiversità terrestre. Perché i giganti non hanno dominato soltanto nel passato evolutivo della Terra, ma sono ancora qui tra noi.
Sembrano grandi, grossi e invincibili, ma in realtà sono fragili.
Ce ne sono di ogni tipo: pesci, anfibi, rettili, mammiferi, insetti…
Perché giganti e nani sulle isole?
Le isole, o comunque i luoghi isolati come alcune valli o zone di montagna, e le oasi del deserto, sono ambienti un po’ particolari perché si trovano lontano dalla terra, in mezzo al mare, o senza connessioni con altri ambienti. Più piccole sono queste “isole” e meno risorse hanno. I loro abitanti quindi si sono evoluti in un contesto in cui per sopravvivere dovevano contare su cibo, ma anche su altre risorse come legname e acqua, limitate. Se si è piccoli, si ha bisogno di meno risorse per vivere. Per questo, si ipotizza che chi casualmente nasceva un po’ più piccolo si trovasse leggermente avvantaggiato sugli altri e, per selezione naturale, sia sopravvissuto più a lungo sulle isole, lasciando più discendenti. Essere nani potrebbe avere anche altri vantaggi se si vive sulle isole: in certi casi ti riproduci più in fretta, oppure regoli più facilmente la temperatura del corpo. A volte però… vale il contrario: conviene essere dei giganti!
Il gigantismo insulare è l’opposto del nanismo insulare.
Essere grandi e grossi rende la fuga dai nemici più difficile e ci si nasconde meno, ma è più facile spaventare predatori e nemici se si è giganti, e così non serve neanche porsi il problema della fuga! Gli scienziati ipotizzano che i giganti potrebbero aver avuto anche altri vantaggi: possono spostarsi su distanze maggiori in meno tempo e, in assenza di cibo, possono accumulare scorte e mangiare meno spesso. Come insetto, poi, puoi produrre più uova, oppure, come uccello, deporre grandi uova piene di nutrimento. Nemmeno i giganti, però, hanno sempre avuto vita facile. Con l’arrivo dell’uomo sulle isole, e con i nuovi predatori invasivi che si è portato con sé, sia i nani sia i giganti si sono trovati in difficoltà e molte specie si sono estinte.
Perché le isole sono laboratori di evoluzione?
Quando un organismo colonizza un’isola, viene a trovarsi immerso in un ambiente nuovo, con diverse disponibilità di cibo, diversi adattamenti necessari, e soprattutto forze selettive diverse dovute alla presenza o assenza di predatori e prede.
Se per esempio arriva su un’isola un roditore o un insetto che non trova predatori, questo animale inizia a moltiplicarsi e può diventare una pericolosa specie invasiva a scapito delle specie autoctone. Se la specie colonizzatrice dopo essere arrivata sull’isola accumula mutazioni genetiche tali da renderla incapace di incrociarsi con i suoi cugini della terraferma o di altre isole vicine, allora significa che è diventata una specie distinta. La separazione geografica, fisica ed ecologica si è cioè tradotta in una separazione genetica (il processo è noto come “speciazione allopatrica” ed è alla base di molte ramificazioni dell’albero della vita).
Inoltre, la popolazione di una specie che occupa un’isola di solito è molto ridotta, il che genera il cosiddetto “effetto del fondatore”: i pochi colonizzatori portano con sé un campione ristretto e casuale di tutta la variazione genetica della specie di provenienza e quindi tenderanno a diversificarsi ulteriormente (si tratta di un esempio di un fenomeno casuale più generale detto “deriva genetica”). Non è escluso che alcune caratteristiche abnormi delle specie che vivono sulle isole siano dovute anche all’effetto del fondatore. Meccanismi analoghi, per esempio occupare una nicchia ecologica molto circoscritta, possono verificarsi anche al di fuori delle isole e sono alla base dei casi di specie giganti e nane non insulari. Sulle isole di solito i grossi carnivori non riescono a sopravvivere, perché hanno bisogno di vasti spazi, e dunque succede spesso che gli uccelli smettano di volare e si adattino a una vita terricola.