RIGENERARE LA FORESTA AMAZZONICA PERDUTA: IL SEGRETO NELLE FECI DEL TAPIRO
Comunicato stampa Parco Natura Viva 29/04/2019 - Con
quasi ottomila chilometri quadrati di foresta tropicale abbattuta, il
2018 ha segnato l’
annus horribilis per l’
Amazzonia e per la
biodiversità che la abita. Persino il suo
rappresentate più antico - stabile sulla Terra da 50 milioni di anni, dotato ancora di una
proboscide prensile retaggio di un’evoluzione che ha attraversato indenne molte ere - è oggi classificato come “
vulnerabile”
di estinzione e nei soli ultimi 30 anni ha perso il 30% dei suoi esemplari. Ma il
tapiro terrestre sudamericano non sembra volersi arrendere e ha dimostrato ai ricercatori che
dove l’uomo porta distruzione, egli è in grado di riportare la vita. E non attraverso nuove nascite, che impiegherebbero decenni per risalire la china, ma grazie a una
risorsa più rapida e meno impegnativa: le proprie feci.
Pubblicato sulla rivista scientifica “Biotropica”, lo
studio è stato diffuso dal Parco Natura Viva di Bussolengo in occasione della Giornata Mondiale del Tapiro che si celebra ogni anno il 27 aprile.
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Il tapiro è sempre stato considerato il “giardiniere della foresta” grazie alla sua capacità di disperdere sulle lunghe percorrenze i semi dei frutti che mangia”, spiega
Caterina Spiezio, responsabile del settore ricerca e conservazione del Parco Natura Viva. “
Ma nessuno finora aveva mai scoperto che questo animale si spinge a errare anche oltre i limiti della foresta incontaminata, dove gli uomini hanno bruciato o abbattutto la biodiversità vegetale. Ed è proprio nelle zone degradate del Mato Grosso che - da gennaio a settembre 2016 - i ricercatori hanno registrato una permanenza dei tapiri lunga il doppio rispetto alle zone incontaminate, il che - grazie a rilievi aerei, foto trappole e monitoraggio in campo - ha restituito una presenza di feci tripla rispetto a quelle lasciate in foresta”. Secondo i ricercatori, ad
attrarre i tapiri sono alcuni piccoli germogli che spuntano dalla terra, grazie alla maggiore luce che colpisce il suolo della foresta spoglia.
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Questo ha permesso di capire che un animale di 250 chili - prosegue Spiezio -
potesse essere il veicolo più prezioso per la rigenerazione dell’habitat forestale”. E a ragione: i ricercatori hanno contato nelle feci di tapiro
129.204 semi appartenenti a
24 diverse specie di piante (peraltro 6 di queste sconosciute fino a quel momento), perfettamente ingeriti, digeriti, rilasciati sul terreno e
in grado di dare vita a nuovi alberi. Un metodo rapido e poco dispendioso per combattere deforestazione, scomparsa della biodiversità e cambiamento climatico, “suggerito” da un animale che di evoluzione se ne intende.
Purtroppo però, sarà ancora una volta l’uomo a dover scegliere se imboccare la via della distruzione o quella della rigenerazione.
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